Rgpd e newsletter: gli errori più comuni che possono costarti molto caro

Dic 11, 2025

Il RGPD (GDPR) ha trasformato in profondità il modo in cui le aziende gestiscono le loro campagne di email marketing. Tra consenso, protezione dei dati e rispetto delle regole della CNIL, l’invio di newsletter può diventare facilmente un rompicapo se non eviti alcuni errori molto comuni. Una gestione poco rigorosa può persino portare a sanzioni RGPD e a multe importanti. Per aiutarti a muoverti meglio in questa normativa, ecco gli errori da evitare assolutamente.

Indice

Errori legati al consenso

Il consenso è uno dei pilastri del RGPD quando si parla di newsletter. Un errore molto diffuso è non ottenere un consenso esplicito dagli utenti prima di inviare email marketing. Il semplice fatto di avere una casella preselezionata o di aggiungere qualcuno a una lista senza il suo accordo costituisce una violazione.

Raccolta e gestione dei dati: gli errori più frequenti

La raccolta dei dati deve avvenire in modo trasparente e nel pieno rispetto della normativa. Ecco alcuni errori ricorrenti:

  • Richiedere informazioni eccessive rispetto all’obiettivo delle tue campagne email
  • Non informare chiaramente gli utenti su come verranno utilizzati i loro dati
  • Non permettere agli iscritti di accedere, modificare o cancellare i propri dati

Un’opzione di disiscrizione troppo complicata

Il rispetto della privacy passa anche da una disiscrizione facile e immediata. Molte aziende rendono questo passaggio inutilemente complesso, andando contro lo spirito del RGPD. Una newsletter conforme deve includere un link di disiscrizione chiaro, visibile e facilmente accessibile in ogni invio.

Le sanzioni in caso di mancata conformità

Le aziende che non rispettano il RGPD in materia di email marketing rischiano multe fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo. Ecco una panoramica delle sanzioni possibili:

ErroreRischio
Invio di email senza consensoSanzioni della CNIL che possono arrivare a diversi milioni di euro
Assenza di link di disiscrizioneSanzioni economiche e danni all’immagine del brand
Conservazione eccessiva dei datiObbligo di cancellazione dei dati + eventuale multa


Le buone pratiche per una newsletter conforme

Per evitare questi errori e garantire la conformità delle tue campagne di email marketing, puoi seguire alcune semplici raccomandazioni:

  • Usare un sistema di opt-in chiaro e trasparente
  • Gestire in modo rigoroso i consensi e le preferenze dei tuoi iscritti
  • Rendere la disiscrizione semplice, con un link ben visibile in ogni email
  • Evitare la raccolta di informazioni superflue e rispettare i tempi di conservazione dei dati
  • Utilizzare una soluzione conforme al RGPD, come Mindbaz, che garantisce la protezione dei dati e una gestione ottimizzata delle campagne

Non hai tempo di leggere tutto? Ecco il riepilogo

In breve: RGPD e newsletter – gli errori comuni che possono costarti cari

  • Il RGPD impone regole precise per l’invio di newsletter, con l’obiettivo di proteggere i dati personali.
  • Ottenere un consenso esplicito è obbligatorio per inviare email di marketing.
  • La raccolta dei dati deve essere limitata a ciò che è strettamente necessario e comunicata in totale trasparenza.
  • Un link di disiscrizione chiaro e facilmente accessibile è indispensabile per restare conforme.
  • Le aziende non conformi rischiano sanzioni fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo.
  • Gli errori più frequenti includono l’invio senza consenso, la conservazione eccessiva dei dati e processi di disiscrizione troppo complessi.
  • Adottare buone pratiche, come un opt-in chiaro e una gestione rigorosa dei dati, è essenziale per evitare sanzioni.
  • Usare una soluzione conforme al RGPD, come Mindbaz, ti permette di gestire in modo sicuro e ottimizzato le tue campagne di email marketing.




Perché così tante aziende si fanno “ingannare” dal RGPD con le loro newsletter?

Perché molte sottovalutano le regole del RGPD. Un consenso poco chiaro, un’opzione di disiscrizione complicata o una raccolta eccessiva di dati possono portare a sanzioni pesanti. Meglio prevenire che pagare.

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